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Ceo Branding, vendere mettendoci la faccia

CEO Branding

Se ti chiedessi chi è Jeff Bezos molto probabilmente mi risponderesti: “Il fondatore di Amazon!” Stesso discorso nel caso in cui ti chiedessi chi è Steve Jobs, quasi sicuramente mi risponderesti: “Il capo di Apple!”

Questi sono solo alcuni degli innumerevoli esempi che si possono portare a sostegno della tesi secondo cui il nome e il volto di una persona fisica (quasi sempre lo stesso creatore dell’azienda) si identificano con l’azienda stessa, facendo sì che qualunque loro esternazione vada a incidere sull’immagine del marchio.

In questo articolo vedremo proprio le caratteristiche di questo fenomeno che prende il nome di CEO Branding.

Cos’è il CEO Branding?

Nel mondo dell’imprenditoria il termine CEO è ormai usato per indicare il dirigente di un’azienda o l’amministratore delegato; affiancato al termine “branding” diventa una componente essenziale di una strategia comunicativa diretta ad attrarre potenziali nuovi clienti e, conseguentemente, allargare il mercato del brand.

Poiché, in questo caso, l’attività di personal branding è indirizzata direttamente a un CEO, si parla di “CEO branding”.

È bene sottolineare che, quando si parla di CEO branding, non necessariamente ci riferiamo esclusivamente alle medio-grandi aziende; anche i fondatori di startup, infatti, stanno scoprendo che un personal branding efficace può rappresentare un grande vantaggio per la loro nuova azienda, vantaggio che si concretizza non solo nell’ottenimento di una maggiore visibilità sul mercato di riferimento ma, anche, nel presentare il fondatore/la startup alla comunità degli investitori. 

Come funziona il CEO Branding?

Nell’immaginario collettivo odierno l’amministratore delegato di un’azienda viene percepito come “cattivo”. Questo perché, il più delle volte, lo status sociale dell’AD  fa sì che venga rappresentato come il “capo ricco e arrogante” che sfrutta il “dipendente povero e umile”. Nonostante tutto però il buono vince sempre sul cattivo. 

Questo è il motivo per cui il CEO branding è da ritenersi  – nell’ambito della comunicazione aziendale – un aspetto fondamentale che mira a definire la giusta percezione da parte del pubblico nei confronti del leader di un’organizzazione. 

I consumatori, infatti, sono più interessati a “comprare” da una persona reale che “conoscono”, tanto che la maggior parte di loro molto probabilmente vorrà fare affari e interagire con aziende che si allineano ai loro valori. 

L’incarnazione di tali valori, unitamente a quello che possiamo definire il volto umano dell’azienda, è rappresentata proprio dall’immagine del CEO; infatti, deve essere in grado di trasmetterli ai propri clienti rappresentando appieno l’identità del suo business.

Social CEO: il capo moderno

Nella società odierna il CEO ha la possibilità di soddisfare tali ambizioni attraverso l’utilizzo dei canali digitali. Si parla infatti di Social CEO quando l’AD di un’azienda usa i social network per aumentarne la visibilità e migliorarne la percezione da parte degli utenti. 

Lo scopo finale di tale attività è, ovviamente, quello di portare un ritorno sugli investimenti. 

Va da sé che un CEO capace di utilizzare al meglio i social network in maniera tale da ottenere un discreto numero di followers, si troverà in una posizione più vantaggiosa rispetto a un CEO che non utilizza tali strumenti.

Vantaggi del Social CEO

Per i Social CEO le tecnologie digitali hanno, ormai, quasi preso il posto di quel tipo di attività che una volta si definivano “public relations”; oggi è molto più semplice comunicare con i propri potenziali consumatori attraverso una pagina Facebook, Twitter o un profilo LinkedIn.

Questa opportunità comunicativa deve essere utilizzata e sfruttata al massimo a proprio vantaggio, in maniera tale che l’immagine del CEO appaia “in tutto il suo splendore”!

Pertanto appare evidente come il CEO possa ottenere una serie di notevoli vantaggi che si riflettono su di lui e sulla brand reputation dell’azienda, nello specifico: 

  • Miglioramento della reputazione del CEO e dell’azienda;
  • Maggiore Engagement;
  • Pubbliche relazioni a costi ridotti;
  • Attrazione di un maggior numero di potenziali dipendenti in linea con la vision aziendale.

In che modo un CEO incide sulla reputazione aziendale?

I mass media sono soliti proporre interviste, articoli e intere programmazioni in cui spicca la figura di quei CEO considerati dai più come innovatori e leader di pensiero. 

Questi individui possono avere, o meno, qualcosa in più da offrire rispetto ai loro competitor ma, sicuramente, si sono saputi imporre come leader aziendali affermati, cosa che hanno ottenuto attraverso una campagna di personal branding attentamente gestita.

Nel momento in cui l’amministratore delegato di un’azienda è percepito come un leader astuto, intelligente e innovativo dai media o dal pubblico in generale, diventa più prezioso per l’azienda. 

Si tratta di un vero e proprio scenario win-win, in quanto l’amministratore delegato che sa come gestire la propria brand equity aumenta a sua volta la brand equity dell’azienda; questo perché la persona e la personalità del CEO hanno impatto sulla sua immagine e reputazione, che sono direttamente legati alla reputazione dell’azienda.

Ricordiamo, infatti, che con la locuzione “brand equity” si fa riferimento al valore aggiunto che un prodotto riceve dall’alto livello di notorietà del marchio.

Le 4 P del CEO Branding Mix

Nel corso degli anni sono stati identificati e poi raggruppati nel libro “CEO Branding: Theory and Practice” di Marc Fetscherin, quattro elementi principali del CEO Branding che vanno a influenzare gli aspetti finanziari e non finanziari delle aziende.

 

Questi quattro elementi hanno preso il nome di “4 P del CEO Branding Mix” e nello specifico sono:

  • Prestige
  • Personality
  • Persona
  • Performance

Andiamo ad analizzarle nel dettaglio!

CEO Prestige (Prestigio)

La prima “P” di cui parliamo è il Prestigio. Questa variabile può essere facilmente definita come la reputazione del CEO

Può capitare che un CEO arrivi addirittura a ottenere un livello di prestigio così alto che la sua figura può essere denominata come “Celebrity CEO”, ovvero un AD che, allo stesso tempo, è anche una celebrità. 

CEO Personality (Personalità)

La seconda “P” fa riferimento alla Personalità del CEO, personalità che può racchiudere sia gli aspetti positivi che negativi della persona. 

Ricordate quando in precedenza abbiamo parlato del CEO buono e cattivo? Ecco, nella CEO Personality troviamo tutte quelle caratteristiche che possono rendere un CEO amato oppure odiato.

Onestà, umiltà, carisma, modestia oppure arroganza, egocentrismo, narcisismo… sono tutti parametri di un CEO che vanno a formare la sua personalità e il modo in cui viene percepito dai più.

CEO Persona

Con il termine Persona questa terza “P” vuole intendere tutte le variabili che vanno a caratterizzare il CEO in maniera più generica. 

Troviamo nelle caratteristiche della Persona connotati come:

  • Caratteristiche fisiche 
  • Sesso
  • Età
  • Educazione 
  • Status sociale
  • Apparenza
  • Espressioni facciali 
  • Background sociale

Tutte queste caratteristiche vanno implicitamente ad influire sul modo in cui gli stakeholders (individuo o gruppo che ha un interesse in qualsiasi decisione o attività di un’organizzazione) percepiscono il CEO e danno credito a ciò che afferma e come lo afferma. 

CEO Performance 

Questa ultima “P” fa riferimento alla Performance del CEO. Più semplicemente vuole intendere tutti i risultati raggiunti dall’azienda durante il periodo in cui il CEO è in attività. 

Sono tanti i parametri che vengono utilizzati, tangibili e non. I parametri tangibili possiamo racchiuderli in:

  • Profitti
  • ROI
  • Market share

I parametri intangibili invece sono:

  • Organizzazione aziendale
  • Pianificazione
  • Engagement 
  • Gestione dei fornitori, dei dipendenti e degli azionisti

Da sottolineare però che questa “P” può essere parzialmente gestita perché ci sono fattori esterni e incontrollabili che possono influire sulle performance, ad esempio la competizione nell’ambiente o l’economia globale. 

CEO Branding e Reputation Economy

La visibilità crea opportunità e la reputazione crea fiducia. 

Le scelte dei consumatori sono dettate, il più delle volte, dalle testimonianze di altre persone e dal passaparola. Più semplicemente, persone che influenzano altre persone. 

Grazie all’avvento di internet questo fenomeno è diventato sempre più diffuso e prende il nome di Reputation Economy. La rete infatti è diventata il primo veicolo per costruire la reputazione di un brand, di un prodotto che scelgo o meno di acquistare. 

Cos’è la Reputation Economy?

Il World Economic Forum ha affermato che il 25% del valore di mercato di un’azienda deriva dalla sua reputazione. 

Quante volte ci siamo fatti influenzare dalle recensioni su TripAdvisor per scegliere il ristorante dove andare a cena fuori? Oppure dalle recensioni su Amazon quando vogliamo acquistare un prodotto. O ancora, quante volte avete cercato il nome di una persona per capire se davvero potevate fidarvi di lui ed acquistare quel famoso corso per diventare influencer in 100 giorni? 

Le interazioni positive con un brand si traducono in nuove opportunità per quest’ultimo mentre invece quelle negative ridurranno pubblicamente la sua reputazione. 

Questa è la Reputation Economy, ovvero l’economia che gira intorno alla reputazione. La stiamo vivendo proprio ora, in questo momento: è l’economia del XXI secolo. Una reputazione che si basa sulla percezione, la stessa percezione che è data dai discorsi che si trovano online su di un brand.

In che modo la Reputation Economy è collegata con il CEO Branding? 

Vien da sè che più si parla bene di un CEO, più ci saranno possibilità per gli utenti di usufruire dei suoi prodotti o servizi. Più stimiamo il modo in cui un CEO si comporta in pubblico o con i suoi dipendenti, più saremo propensi ad acquistare qualcosa da lui perché, molto probabilmente, sta riflettendo indirettamente i nostri valori e ciò che ci piace di una persona. 

“Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e solo cinque minuti per rovinarla”

Warren Buffett 

CEO famosi e Brand Reputation: alcuni esempi

Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad una serie di situazioni tipo che riflettono chiaramente l’importanza del CEO e dei suoi comportamenti in riferimento al successo del brand che rappresentano. 

Vediamo insieme, quindi, una piccola carrellata di esempi in tal senso.

Steve Jobs 

Tutti conosciamo Steve Jobs e la sua fama come fondatore e CEO di Apple, ma non tutti sappiamo quel che successe in borsa nel 2011 quando diede le dimissioni da CEO, passando la palla a Tim Cook. 

La paura dei consumatori relativa al fatto che la Apple non sarebbe stata più la stessa senza il suo fondatore a capo ha fatto sì che l’annuncio, seppur arrivato alla chiusura delle Borse, desse uno scossone alle azioni della Apple le quali registrarono, in quel frangente, un’inflessione negativa di circa il 5%.

Vishal Garg, amministratore delegato di Better.com

Un altro caso che ha destato un certo clamore sulla stampa internazionale è quello dell’amministratore delegato di Better.com, Vishal Garg, il quale ha licenziato 900 persone (circa il 9% dell’intera forza lavoro del gruppo). 

Il licenziamento ha destato scalpore per le modalità con cui è stato comunicato ai dipendenti ovvero tramite un messaggio pre-registrato ed inviato via ZOOM. Garg è stato glaciale: “Se siete in questa chiamata”, ha detto, “vuol dire che fate parte dello sfortunato gruppo di persone licenziate”. 

Garg si è poi scusato ammettendo l’errore, ma ciò non è valso a scongiurare conseguenze drastiche per la società: alcuni dirigenti infatti hanno deciso di lasciare l’azienda. Tra questi Melanie Hahn, a capo del marketing, Tanya Hayre Gillogley, a capo delle pubbliche relazioni e Patrick Lenihan, vice presidente del marketing.

Elisabetta Franchi

Più recentemente, hanno suscitato una vera e propria bufera social le affermazioni di Elisabetta Franchi, amministratore unico della casa di moda “Betty Blue” durante un suo speech a un evento organizzato da Il Foglio. 

L’imprenditrice, spiazzando il suo auditorio, ha affermato di prediligere le assunzioni di donne sopra i quarant’anni, in quanto a quell’età si presume che queste abbiano già ottemperato a tutte le funzioni “istituzionali” (matrimonio, maternità, divorzio). 

Ovviamente il web si è aspramente risentito di tali dichiarazioni, prontamente poi smentite nella sostanza dalla stessa autrice, la quale ha, invece, ritenuto che le sue parole fossero state travisate. 

Vero è che il detto secondo cui “…bene o male, purché se ne parli” ha fatto centro anche stavolta; infatti, un annuncio di lavoro pubblicato dalla stessa impresa su Linkedin – con cui la società ricerca un responsabile per la comunicazione – ha ricevuto quasi 700 candidature in 24 ore, in barba a quanto accaduto poche settimane prima.

CEO Branding: un grande potere, una grande responsabilità

Possiamo, in conclusione, affermare che il CEO branding è, oggi più che mai, uno strumento imprescindibile nelle strategie di comunicazione e marketing; pertanto, sarebbe auspicabile per chiunque si trovi nella condizione di rappresentare un’impresa o un gruppo societario fare tesoro e assimilare tali nozioni, in modo da rispecchiare adeguatamente il prodotto o servizio da vendere.

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